20/09/16

Elementare



Ricomincia la scuola.
Ripenso alla mia scuola elementare e sono travolto da emozioni opposte.
Nostalgia e tenerezza: le pansé e le rose, il gazebo di ferro liberty in giardino, la mia maestra, dolce, e la preside, una donna forte e autorevole, giusta e buona.
Tristezza e rabbia: in porta, perché non sapevo correre, goffo, grasso. I goal. Nemmeno bravo a intercettare palloni. Una brutta caduta mentre m'arrampicavo nella montagnola. Radiografie, dolori lancinanti. Guardavo gli altri giocare. Non ero giudicabile. Forse, meglio così.
La bambinaia. Giuseppina. Silenziosa. Onesta. Umile. Il suo panino col pomodoro e il prosciutto con l'origano. Un sapore irripetibile.
La prima comunione. Sapevo cantare. Io e Valeria di fronte all'altare. Ero stato scelto. Perché sapevo fare qualcosa che gli altri non sapevano fare. Non m'importava granché. Avrei voluto saper giocare a pallone, piuttosto. Esultare per una rete, sentire l'abbraccio dei miei compagni.
Oggi c'è ancora un po' di rabbia, dentro di me. Perché follemente mi piacerebbe tornare indietro, stare accanto a quel bambino e rassicurarlo "dai, ce la fai!", "difenditi! Osa! Non preoccuparti se ti fai male!". C'è un velo di tristezza, un po' di tristezza che m'inumidisce gli occhi. Come se le avessi davanti, ancora, le strisce di pioggia sul vetro della finestra di casa, e mi toccassi il ginocchio dolorante, e poi tornassi all'ospedale, e la solitudine e lo smarrimento in quella branda. Avevo nove anni, un reparto in cui grandi e bambini convivevano. Nessun genitore la notte. L'urlo di quel bambino, accanto alla mia stanza, cui avevano amputato la gamba.
Vorrei andare da me stesso e dirmi "non preoccuparti, andrà tutto bene, vedi, qui ti vogliono tutti bene" e mi accarezzerei la testa.
Credo che provare tenerezza per se stessi stemperi qualsiasi rancore verso la vita, il mondo, il destino. La svolta emotiva, che ti fa sorridere e diventare forte è provare tenerezza per te stesso. Per come sei stato, per come ti sei salvato. 
Le emozioni buie riemergono. Pazzo chi dimentica. Pazzo chi cancella il grigio e il nero dai colori della propria anima. Ma la luce della compassione e della tenerezza ti salva dalla rabbia e dalla disperazione.
Posso dire che mi sono salvato attraversandole la rabbia e la disperazione. E' stata dura. Qualcuno mi ha aiutato. E mi ha insegnato che la tenerezza salva.
Addento il mio panino al prosciutto e pomodoro. L'origano ha un sapore meno forte di una volta. Il colore delle rose e delle pansè, l'azzurro degli occhi della preside sono incredibilmente vividi.
Nostalgia, tenerezza. E una carezza sulla mia testa, adesso.

6 commenti:

  1. La tristezza a volte accompagna ciascuno di noi…
    Ci sono ricordi che restano lì sospesi, pesando sull’anima e il cuore… altri invece, vorremmo si posassero ancora sui nostri occhi chiusi, per assaporare ancora la dolcezza di un abbraccio o una carezza lontana nel tempo.
    Non so se sia un bene portaseli appresso certi ricordi, quello che so… è che loro non ti mollano mai!
    Grazie per le emozioni che dai leggendoti.

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    1. E' sempre un bene, secondo me, portare con sé i ricordi tristi, con la sensazione che essi arricchiscono, seppur d'esperienza negativa, la nostra esistenza e con la bella consapevolezza che, nonostante tutto, ce l'abbiamo fatta.
      Grazie a te, Betty, per il tuo commento e perché mi leggi. Ciao!

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  2. Innanzitutto grazie. Grazie di cuore per quello che hai scritto, per come ti  sei aperto, per come l'hai descritto. E, in modo particolare, per le diapositive di vita già vissuta che mi hai fatto riaccarezzare. Chi è stato ospedalizzato da bambino, tanti anni fa, sa, conosce e si riconosce perfettamente, in tutto quello che hai scritto. E se oggi riesco ad essere indulgente, affettuosa e dolce nei confronti di quella bambina di tanti anni fa e dell'adulta che sono oggi, è proprio grazie a quei giorni indimenticabili e indimenticati. 
    Paola 

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    1. Grazie a te Paola, per avermi letto (anche dentro) :-)
      Buona giornata!

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  3. Ciao Bruno, anche se con ritardo ho letto il tuo post. Non sei Terzani ...ma SAI EMOZIONARE... Anche io ho vissuto un evento drammatico relativo ad un ricovero in ospedale, ero molto piccola, ma anche grande per poterlo ricordare. E dietro c’era un tradimento, fatto dai miei genitori che mi hanno detto che sarei andata ad una festa. Ed il dolore emotivo e fisico è partito proprio da lì.
    E come sai laddove c’è dolore c’è anche rabbia e ci vuole tanto per smaltirla, per riconoscerla e per saperla gestire. È grazie al mio carattere, ma anche agli incontri e alle altre esperienze che questa rabbia non si è tradotta in disprezzo, nella volontà di vendetta, nella mancanza di empatia.
    Mi ritengo fortunata. Un abbraccio, Anna Maria

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    1. Grazie cara Anna Maria, ho visto il tuo commento solo oggi, era andato a finire tra i commenti spam. Ringrazio te perché mi hai fatto emozionare. Il dolore non si trasforma mai in gioia. L'accettazione è la meta. Impegnativa. Molto impegnativa. Un abbraccio.

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